Critica di Salvatore Maugeri, 1988 |
Il calore del sentimento e della fantasia nella ricerca grafica di Gabriele Bordignon
Non credo esistano dubbi sul fatto che Gabriele Bordignon trovi nelle tecniche incisorie l’espressione più compita del proprio modo di interpretare e di rendere espliciti attraverso le immagini, il senso della vita, la mitologia del quotidiano e la confessione dei propri sogni e dei propri stupori di fronte all’esistente.
La poetica del segno, nel suo farsi docile nel seguire la diversa gradualità degli spessori -da quello pieno, deciso, perentorio, a quello più lieve, proprio della cadenza dell’appena suggerito e divenuto quasi traccia di ritmi- trova in lui un interprete esperto, oltre che sensibile.
I suoi temi ricorrenti sono quelli legati alla figura umana e alla natura. Quest’ultima intesa come regno amico dell’uomo, il quale vi costruisce le sue case, le mura attorno ai suoi castelli, arroccati sugli strapiombi. L’uomo vi trova il suo ambiente aperto alle gioie della maternità e della famiglia, agli svaghi e nelle pause di lavoro, ai travestimenti carnevaleschi degli Arlecchini.
Una sottile vena nostalgica si insinua nei volti di queste figure, che credono negli abbandoni alle sollecitazioni del sentimento. La loro condizione dà luogo ad una proliferazione di segni che fermentano attorno e all’interno delle figure, quasi come l’equivalente di rispondenze cromatiche esplicitate dall’Acquatinta, modulata secondo l’intensità e la quantità dei piani sovrapposti.
Quella di Gabriele Bordignon diventa, in tal modo, una partecipazione appassionata ma sostanzialmente serena alle situazioni dell’uomo e agli stimoli della natura.
Arzignano, 1988 Salvatore Maugeri |